21 gennaio 2007

I Simpson e la Filosofia - Homer contro Aristotele

Mi è capitato per caso, tra le mani, in libreria questo libro, di cui non avevo mai sentito parlare. In realtà, si poteva immaginare l’uscita di un libro di questo orientamento (penso ce ne sia uno precedente, di un altro autore, sul popolare Woody Allen). Così come la vita quotidiana (da cuocere un uovo alla chimica della birra) viene interpretata e migliorata alla luce di scienze pure come la fisica e la chimica (si pensi ad esempio al volume “Come si sbriciola un biscotto” o “Il segreto dell’uovo sodo”), e così come film del calibro di Star Trek (“La fisica di Star Trek”) o comuni supereroi dei fumetti vengono analizzati dal punto di vista atropo – fisico per comprendere se davvero possano esistere, anche serie televisive come “I Simpson” possono essere vagliate alla luce della filosofia orientale ed occidentale, antica e moderna.
Ho letto opinioni discordanti su questo volume; c’è chi sostiene che gli autori siano partiti, come essi stessi affermano nell’Introduzione, dalla popolare serie americana per trarne conclusioni filosofiche, e chi sostiene che tali autori abbiano “sfruttato” questi variopinti personaggi animati per propinarci le loro idee, con esito fallimentare. In entrambi i casi, ritengo che l’abbinamento Filosofia – Simpson sia calzante. Non è un libro per chi è appassionato ed esperto di filosofia, ma un libro per chi ama i Simpson ed è curioso nei loro confronti e verso il mondo che ci circonda; ovvero, verso chi ha particolare curiosità e una curiosità particolare e fantasiosa nei confronti dell’uomo, tanto che questi personaggi sono così popolari, che chiunque li conosce può identificarsi in essi. Certamente è un tentativo ben riuscito (educativamente per noi ed economicamente, per noi, il costo non è così eccessivo, e per gli autori) di sottoporci pensieri e pillole di saggezza che magari negli anni delle Scuole Superiori abbiamo trascurato ritenendoli noiosi.
L’architettura del libro è netta e ben definita. Tanti capitoli quanti sono i personaggi più popolari di Springfield, e per ogni personaggio una riflessione ad hoc in tema filosofico. Devo ammettere che non ho mai considerato “I Simpson” come un puro e semplice cartone animato per bambini (se ci pensiamo bene, quanto divertimento possono suscitare nei bambini certi pensieri sottintesi o certi ragionamenti sottili?! Di certo, i più piccoli rimangono attratti da questi omini gialli e particolari, ma non dalla loro condotta di vita e città!), ma una reale fotografia della società, e non solo una fotografia della società americana. Grazie a questo piccolo volume, di sole 300 pagine, dal testo scorrevole ed intuitivo, nascono spontanee certe riflessioni di etica e di morale, ma si riesce anche a guardare le puntate tuttora trasmesse, con maggior senso critico, anche se si tratta, per alcune, di repliche. Penso che, se i filosofi (e questo è un consiglio spassionato per chi si è buttato nel mondo dell’astratto e del pensiero puro…!) si esprimessero più concretamente, molte più persone sarebbero interessate ad Aristotele piuttosto che a Heidegger!Un’altra nota positiva è il metodo di realizzazione di tale volume: una collaborazione tra docenti di filosofia (i reali autori e curatori del testo), studenti di filosofia, adulti e giovani con professioni ed ambiti di studio che esulano da tale materia. Davvero molto bello!
Mi piace sottoporvi all’attenzione questo piccolo confronto tra Homer J. Simpson e Aristotele (mi scuso per la non proprietà di linguaggio nel campo filosofico!).
Chi non conosce almeno un pochino Homer…?!E chi non ha mai sentito nominare, almeno una volta, Aristotele…?! Due vite completamente differenti, accomunate dalla morale. O meglio, dalla non morale di Homer contrapposta a quella di Aristotele, vissuta e teorizzata. Dal punto di vista morale, Homer è una frana, e non se la cava bene nemmeno con le azioni. Questo, è evidente anche solo guardando una sola puntata della serie: Homer non ne esce mai pulito! Ma, secondo gli autori, Homer è eticamente ammirevole. Dunque, come può un uomo che se la cava piuttosto male dal punto di vista morale essere eticamente ammirevole? …Bella domanda!
Premettendo che devo rispolverare Aristotele, mi rifaccio alle idee proposte dagli autori del libro. Aristotele, nell’Etica Nicomachea, ci fornisce quattro tipi di carattere: virtuoso, continente, incontinente e vizioso (oltre agli estremi, superuomo e bestia). Lascio a voi, se avrete fantasia o se vorrete sbirciare il libro, l’associazione tra i personaggi della serie e queste categorie, e passo alla definizione, in soldoni, della virtù per Aristotele. Il virtuoso, per il filosofo, è colui che agisce in modo virtuoso, ma che sa che la sua azione è virtuosa; inoltre, agisce volontariamente e lo fa perché l’azione è virtuosa in sé stessa.
D’oh!D’oh!Data questa definizione, Homer non può essere un virtuoso. Il nostro Simpson per eccellenza, non è dotato di temperanza (moderazione), ma piuttosto si dimostra vizioso. Non è nemmeno onesto, ma è un bugiardo (assai poco credibile che subito viene smascherato). Non è neanche altruista o quanto meno attento ai bisogni altrui: manca in benevolenza e giustizia. Non ha nemmeno amici (considerando l’amicizia per Aristotele un tramite per esercitare la virtù) ma solo compagni: di bevute, di lavoro…Non pare essere nemmeno un buon padre o marito né pare dotato di saggezza pratica né di capacità di darsi priorità ed organizzarsi secondo queste.
Povero Homer…!C’è da dire che però agisce, qualche volta, in modo ammirevole: il suo amore per Marge è limpido (ad esempio non ha mai commesso adulterio); cerca in qualche modo di stabilire un rapporto con Lisa; si ribella alle ingiustizie di Burns; a volte è cortese ed incoraggiante con Ned Flanders; sebbene pare dimenticarsi di Maggie, possiede molte sue foto al lavoro; nonostante i suoi “Bagerospo…io ti…” si schiera spesso dalla parte di Bart…
Come dobbiamo quindi giudicare Homer? Non è di certo cattivo. Non è un esempio di virtù, ma certamente non è malevolo. Ci ispira pietà. La sua educazione ha lasciato molto desiderare, è di certo egoista, ingordo avido…ma non vuole il male altrui, non è maligno né malvagio. Homer quindi non è un vizioso, poiché non è guidato dal vizio (ad eccezione degli appetiti corporei: cibo…). Se quindi Homer non è un vizioso, ma anzi, è un uomo che nonostante tutte queste caratteristiche ci piace, che senso ha la virtù? Possiamo, con riserva, dire che Homer esprime un “grande amore per la vita” che non è in sé stessa una virtù poiché, se tale qualità non viene governata, produce effetti devastanti, ma esprime intrinsecamente felicità e benessere complessivo, che se governati dalla ragion pratica rientrerebbero nelle virtù. Homer, purtroppo, non possiede ragion pratica…Tuttavia, questa qualità, se pur priva di ragion pratica, porta Homer ad essere onesto nei suoi desideri e nelle sue voglie, muovendosi contro il conformismo e l’ipocrisia: Homer, ti dice le cose in faccia!
Homer non è, in conclusione, del tutto ammirevole, ma il fatto che non sia vizioso e che viva in una città come Springfield (che non è certo il massimo per una buona condotta) ci fa pensare che sia ammirevole poiché mantiene il suo amore per la vita anche in questo contesto.
In sintesi, se pur ho ridotto la riflessione a poche righe rispetto al testo originario, queste qualità non fanno di Homer una persona pienamente ammirevole, però lo rendono ammirevole, facendoci apprezzare lui e tutti gli Homer Simpson della terra!

2 commenti:

raraavis ha detto...

Bello il nuovo look del blog!

Martella 2000 ha detto...

Ma Cri....ad un post così introspettivo e profondo, che ha lo scopo di investigare nel nostro essere, rispondi con un commento così...pragmatico e pratico??? Va beh, dai, sei perdonata solo perchè hai mille impegni...Ci vediamo domani mattina, porto anche Fede!