18 aprile 2006

(Bioetica 2) Eng e Chang e l'identità perduta

Eng e Chang Bunker nacquero nel Siam (Tailandia) nel 1811. Oltre ad avere un’identità genetica assoluta, ebbero anche una vita molto simile, caratterizzata dallo stesso ambiente, costretti come furono, dalla mancata scissione e da una scienza ancora arretrata, a vivere vicino, molto vicino. A svegliarsi insieme, entrare insieme nello stesso bagno, mangiare insieme, ascoltare la stessa musica, conoscere le stesse persone, partecipare agli stessi spettacoli, giocare insieme, a dividere lo stesso banco, seguire le stesse lezioni, coricarsi insieme la sera. Rimasti attaccati fino alla morte, si deve a loro la tradizione di denominare siamesi i gemelli omozigoti congiunti. Sposarono due sorelle ed ebbero 21 figli. Il re del Siam, Ramah, li condannò persino a morte, attribuendo loro segnali di malaugurio, anche se successivamente ritirò la condanna. Bene, nonostante la sorte sono stati individui diversi, con gusti personali, a partire dalla scelta delle mogli, con caratteri distinti, fino ai vizi: l’alcool l’uno e il poker l’altro. Soltanto la mancanza di tecniche mediche e chirurgiche avanzate impedì loro di essere due fratelli qualsiasi.
L’identità di una persona è quindi dovuta alla sua storia dentro il ventre materno, quella extrauterina, il corredo genetico e l’interazione di questi elementi.
Per tornare alla coppia di prima e alla clonazione. Il nucleo proveniente dal padre galleggia nel citosol materno, dove c’è anche un altro custode del patrimonio genetico: il mitocondrio materno. Il bambino – clone, a differenza dei due gemelli, con stesso bagaglio genetico e stesso ambiente cellulare, non è la copia perfetta del donatore del nucleo. Il clone si sviluppa fin dalla nascita sotto l’influenza di un bagaglio genetico non omogeneo (nucleo paterno e mitocondri materni!). Il clone è poi influenzato dalla dieta proposta dalla madre e dalla dieta post – natale, diversa da quella del padre di vent’anni prima, da una madre che magari fuma, ascolta heavy metal, che vive a Roma o a Milano, nello smog e coi nervi tesi. La gravidanza della madre del clone difficilmente sarà simile a quella della madre del clonatore. La nascita e la crescita del bambino sarà totalmente diversa, a partire dai metri educativi e scolastici, fino alla società, città e persone differenti da quelli incontrati dai sui genitori. Più avanti incontrerà un compagno di vita, uomo o donna, che inciderà sulla sua crescita culturale e psicologica.
La Persona è quindi un concetto complicato, di cui il contributo genetico è solo una piccola parte. La comparsa di un nuovo Hitler non dipenderà quindi dalla clonazione: per raggiungere la sua crudeltà basterò il fatto che siamo esseri umani, affetti da psicologie malate, idee totalitarie, sentimenti d’odio verso qualcuno…

"E l'uomo creò il clone" Aaron Fait et al.


Il libro qui citato tratta delle diverse posizioni in merito alla bioetica, di un rabbino e uno scienziato (Aaron Fait, come suggerisce il nome, è il rabbino). Devo ammettere che nonostante mi sia sempre ispirata alla bioetica cattolica come metro di valutazione, ora sto notevolmente cambiando idea. E tutto ciò è dovuto alla lettura di testi di bioetica cattolica comparati a testi di bioetica laica! Pensavo che il mio prossimo esame del 26 aprile su questi argomenti sarebbe stato in difesa della filosofia morale cattolica, ma penso che, alla luce di alcune considerazioni, sarà una propaganda delle tesi laiche. E devo anche dire che i nostri colleghi ebrei, sono molto più avanti di noi in queste questioni!

2 commenti:

Giuseppe Regalzi ha detto...

Meglio la bioetica laica, sì!

Giuseppe Regalzi ha detto...

Grazie del link! Ricambio con piacere.