26 aprile 2006

20 anni dopo...

Il nome di Chernobyl divenne famoso in tutto il mondo il 26 aprile del 1986 quando, in seguito ad un incidente, esplose il reattore numero 4 della locale centrale nucleare.

"I was five months' pregnant when the accident occurred. My husband and I were spending the weekend at my mother's house in Kopachi (a village just south of the power station). We woke up on Saturday morning and decided to go to Chernihiv, the nearest big town, to buy maternity clothes....My husband helped me home, then walked to Pripyat alone. When he got back, he said the town had been evacuated. By then I had got out of bed and wandered outside. Another policeman finally told me the truth - he said there was high radiation and pregnant women should get out at all costs. At that time I did not know what radiation was. Police were blocking the main road, but we drove to Ivankiv via back roads. Two days later I ended up in hospital. Doctors threw away my clothes, and "decontaminated" me with a cold shower. There were lots of other pregnant women there. The doctors said all would have abortions, or induced births. They did some of the abortions quickly, then changed their mind and said we would all give birth, after all.We went to Chop (on the Hungarian border) then to Mykolayiv (near the Black Sea). In each new town, I had to throw away the clothes I had bought in the last one. They must have been contaminated by my own radioactive body.
I gave birth to Anya two months early. She was big - 2.5kg (5.5lbs) and 49cm tall - but her nails had not formed and she was a yellowish colour, so she was put in an incubator. I was not allowed to see her for eight days. Later, when we moved to Kiev, specialists hospitalised her on sight. Her haemoglobin count was about a quarter or a third of the normal level. At that time you could not say it was because of Chernobyl - it could be anything except Chernobyl. Much later a haematology professor told me I had been very unlucky: I was in the wrong place at the wrong time of my pregnancy.
Anya is like a house plant. She has a very rare blood disease and almost no immunity. In 2004 she caught meningitis and was in a coma for three days. A doctor told me it was all over, but she pulled through.
In the 1990s a law was passed, which promised benefits to Chernobyl invalids, but it said nothing about child invalids. Together with some other parents I formed an organisation, Flowers in the Wormwood, which successfully lobbied for the law to be changed.
There is a tendency now to play down the problem of Chernobyl, and, if possible, to forget it. Once the 20th anniversary has passed, I think the state will begin to withdraw support".
Lena and Anya Kostuchenko

20 aprile 2006

Un po' di "Pensiero Debole"

Che peccato. Mi hanno ridimensionato il Rocco. Lo fanno soltanto più ammiccare. E pensare che fino a qualche giorno fa stava a bordo piscina, vestito da boxeur ad intonare una lunga ode alla patata. La patata tira, diceva, fidati di uno che le ha provate tutte. Altro che vignette e limiti della satira. Son spot che fan riflettere. Infatti ame è venuta in mente una cosa. Che a questo punto, se quelli delle patatine hanno sto becco qui, dovrebbero farsi avanti anche quelli del panettone. Quelli della Maina, del Melegatti, del Galup. Per par condicio. Perché anche il panettone tira. Guarda quello di Jennifer Lopez. E la Melinda no? Anche due belle mele fanno la loro notevole figura. Ma io mi domando e dico. Ma se per fare la pubblicità di una patatina fritta bisogna chiamare un pornodivo quando ci toccherà fare lo spot del Viagra, perché prima o poi succederà, cosa ci faran vedere?Un primo piano delle canne di un organo? Il dettaglio di un martello penumatico? Un picchio che spacca forsennatamente il tronco di un platano a colpi di becco?Ma è la televisione che ormai dà i numeri. Viviamo soffocati nei glutei. Ogni trasmissione ne fa sventolare a rimorchi, come fossero nacchere. Ogni prodotto merita di essere sponsorizzato da un bel paio di chiappe. Seni a palate. Tette a dozzine come le uova. Sempre meno sode e sempre più strapazzate. E in più adesso si fa strada unanuova tendenza. Quella di promuovere rimedi per le peggio schifezze. Forfora, emorroidi, tosse catarrosa, stitichezza, fossa biologica intasata coi nani di gesso che bussano alla porta tappandosi il naso e ripetendo a nastro: Chepuzzachepuzzachepuzza...Tutto nell’ora di pranzo. Tu sei lì che mangi, con una forchettata di fusilli in mano e la bocca spalancata e arriva una a dirti che adesso è felice come una pasqua perché le è passata la diarrea. Ma che schifo. Per non parlare dei primi piani di water incrostati come le grotte di Castellana, coi pipistrelli appesi all’asse. Ma chi c’è in Italia che ha la tazza del gabinetto ridotta in quel modo? Che la Gabanelli apra un’inchiesta. E già che ci sono mi lamento fino in fondo. Basta con sti numeri per le informazioni. Ci hanno sfrittellato le palle. Prima Bisio. Poi i due gemelli mostri, i due esseri mitologici, mezzi uomo mezzi pirla, vestiti da New Troll, coi denti da dinosauro e i capelli infeltriti. Dopo si sono aggiunti i figli del Gabibbo. I due babaci, le lontre pelose, con la faccia da Muppets e gli occhi da ipertiroideo che cantano: «Non c’è tarma senza cappotto, non c’è tuffo senza Cagnotto, non c’è latte senza cagotto, non c’è 12 senza 88...» Adesso ci sono pure gli scimpanzè. 12 40. Sona, fischia e canta. Ma perché non fate anche 22 22 le mie gambe tra le tue? Ma cosa pensano questi qua? Che noi passiamo tutto il giorno a chiedere informazioni? Siam mica rincoglioniti? Grazie al cielo c’abbiamo due mani e due occhi e quando abbiamo bisogno di un idraulico prendiamo le pagine gialle. Oppure citofoniamo alla vicina di casa, che lei se li è fatti tutti. Torino e provincia.
Ovviamente, Luciana Littizzetto...

Lo splendore dell'Amicizia

L'amicizia è considerata uno dei più importanti stati emozionali, dopo l'amore universale, perchè fonte di collaborazione al benessere comune, aiuto e condivisione di momenti importanti. Secondo molti, quello di saper/poter vivere in amicizia è considerabile un eccesionale stato di grazia, paragonabile alla serendipità per certi versi (e qui, cara Cri, ritorna la tua amica serendipità, che viene definita da un "collega" ricercatore biomedico americano come "cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino").

Quello che ho scoperto, a posteriori, è che in Asia tenersi per mano tra persone dello stesso sesso (quindi effusioni non sessuali) è segno tangibile di amicizia, riservata ad una cerchia intima di persone. Avevo pensato male.

Non camminare davanti a me,
potrei non seguirti;
non camminare dietro di me,
non saprei dove condurti;cammina al mio fianco
e saremo sempre amici.
Anonimo cinese.
Questa "romanticheria" è per chi, nel primo pomeriggio, ha saputo illuminarmi la giornata...

19 aprile 2006

Ho preso un'importante e responsabile decisione

Sono andata ad informarmi questa mattina, per prendere meglio coscienza della cosa, ma il pensiero di questo gesto mi tormentava da un po'. Vado a donare il sangue. E' certo, deciso, sicuro. A Borgosesia, su 15,000 abitanti, solo 650 donano il sangue. E la sede Avis di Borgosesia comprende anche Cellio, Valduggia, Crevacuore e un altro pezzettino di Valsessera. Quindi siamo in più di 15,000. E 650 sono davvero pochi. Tra i 18 e i 26 anni ci sono solo 35 donatori. Scandaloso!

Poichè diventava un commento lungo al post della Cri...

Ciclo di incontri su: L’idea di laicità nel mondo postmoderno

Esiste davvero la bioetica laica?

Dibattito in occasione del volume di Giovanni Fornero

Bioetica cattolica e bioetica laica, Bruno Mondadori, 2005


Milano, 3 maggio 2006; ore 16.30-19.00

Sala di Rappresentanza del Rettorato

Università degli Studi, via Festa del Perdono, 7


Partendo dalla disamina di alcuni dei più significativi libri pubblicati, a dieci anni dalla pubblicazione di un fortunato fascicolo di “Politeia” sul Manifesto di bioetica laica (n. 41/42, 1996), il Centro Studi Politeia intende promuovere, anche in collaborazione con importanti organizzazioni e istituzioni, un dibattito pubblico sulla laicità. In Italia negli ultimi mesi la riflessione sull’idea di laicità è cresciuta in modo davvero straordinario. Una conferma viene dal numero di libri e di articoli dedicati al tema pubblicati recentemente. Gli aspetti interessanti sono molti, ma due si segnalano. Il primo è che la ‘laicità’ è diventata patrimonio di tutti nel senso che ciascun interlocutore pretende di essere ‘laico’. Sembra quindi che la dichiarazione di laicità sia la precondizione per avere titolo ad essere ascoltati in pubblico. La voce religiosa è ormai ‘targata’, mentre la voce laica assume un valore universale. L’altro aspetto è che i temi oggetto di attenzione investono gli ambiti più diversi: riguardano la ricostruzione di eventi storici, i rapporti politici, i temi bioetici, la questione della sovranità. La riflessione sulla laicità sembra implicare una revisione dell’intero orizzonte di pensiero e comporta conseguenze decisive per la fondazione della società stessa. Dopo la secolarizzazione degli anni ’60, che ha portato alla privatizzazione, sembra che negli ultimi decenni ci sia stata la ‘rivincita di Dio’ con la riproposta del valore pubblico della religione. Si tratta una controversia che avrà ripercussioni importanti sull’assetto della società italiana.

Presiede: Mario Jori (Università di Milano)

Intervengono: Patrizia Borsellino (Università dell’Insubria e Consulta di Bioetica)

Maurizio Mori (Università di Torino e Politeia)

Adriano Pessina (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano)

Massimo Reichlin (Università Vita-Salute San Raffaele, Milano)

Sarà presente l'autore. La partecipazione è libera. L'incontro è organizzato dal Centro Studi Politeia per la formazione politica ed etica.

P.S. Vi assicuro che sarà un successone!

18 aprile 2006

(Bioetica 2) Eng e Chang e l'identità perduta

Eng e Chang Bunker nacquero nel Siam (Tailandia) nel 1811. Oltre ad avere un’identità genetica assoluta, ebbero anche una vita molto simile, caratterizzata dallo stesso ambiente, costretti come furono, dalla mancata scissione e da una scienza ancora arretrata, a vivere vicino, molto vicino. A svegliarsi insieme, entrare insieme nello stesso bagno, mangiare insieme, ascoltare la stessa musica, conoscere le stesse persone, partecipare agli stessi spettacoli, giocare insieme, a dividere lo stesso banco, seguire le stesse lezioni, coricarsi insieme la sera. Rimasti attaccati fino alla morte, si deve a loro la tradizione di denominare siamesi i gemelli omozigoti congiunti. Sposarono due sorelle ed ebbero 21 figli. Il re del Siam, Ramah, li condannò persino a morte, attribuendo loro segnali di malaugurio, anche se successivamente ritirò la condanna. Bene, nonostante la sorte sono stati individui diversi, con gusti personali, a partire dalla scelta delle mogli, con caratteri distinti, fino ai vizi: l’alcool l’uno e il poker l’altro. Soltanto la mancanza di tecniche mediche e chirurgiche avanzate impedì loro di essere due fratelli qualsiasi.
L’identità di una persona è quindi dovuta alla sua storia dentro il ventre materno, quella extrauterina, il corredo genetico e l’interazione di questi elementi.
Per tornare alla coppia di prima e alla clonazione. Il nucleo proveniente dal padre galleggia nel citosol materno, dove c’è anche un altro custode del patrimonio genetico: il mitocondrio materno. Il bambino – clone, a differenza dei due gemelli, con stesso bagaglio genetico e stesso ambiente cellulare, non è la copia perfetta del donatore del nucleo. Il clone si sviluppa fin dalla nascita sotto l’influenza di un bagaglio genetico non omogeneo (nucleo paterno e mitocondri materni!). Il clone è poi influenzato dalla dieta proposta dalla madre e dalla dieta post – natale, diversa da quella del padre di vent’anni prima, da una madre che magari fuma, ascolta heavy metal, che vive a Roma o a Milano, nello smog e coi nervi tesi. La gravidanza della madre del clone difficilmente sarà simile a quella della madre del clonatore. La nascita e la crescita del bambino sarà totalmente diversa, a partire dai metri educativi e scolastici, fino alla società, città e persone differenti da quelli incontrati dai sui genitori. Più avanti incontrerà un compagno di vita, uomo o donna, che inciderà sulla sua crescita culturale e psicologica.
La Persona è quindi un concetto complicato, di cui il contributo genetico è solo una piccola parte. La comparsa di un nuovo Hitler non dipenderà quindi dalla clonazione: per raggiungere la sua crudeltà basterò il fatto che siamo esseri umani, affetti da psicologie malate, idee totalitarie, sentimenti d’odio verso qualcuno…

"E l'uomo creò il clone" Aaron Fait et al.


Il libro qui citato tratta delle diverse posizioni in merito alla bioetica, di un rabbino e uno scienziato (Aaron Fait, come suggerisce il nome, è il rabbino). Devo ammettere che nonostante mi sia sempre ispirata alla bioetica cattolica come metro di valutazione, ora sto notevolmente cambiando idea. E tutto ciò è dovuto alla lettura di testi di bioetica cattolica comparati a testi di bioetica laica! Pensavo che il mio prossimo esame del 26 aprile su questi argomenti sarebbe stato in difesa della filosofia morale cattolica, ma penso che, alla luce di alcune considerazioni, sarà una propaganda delle tesi laiche. E devo anche dire che i nostri colleghi ebrei, sono molto più avanti di noi in queste questioni!

(Bioetica 1) Bambini su misura:la nostra, da sempre

Un argomento che vorremmo anticipare per la sua importanza filosofica ed etica, sia per il modo superficiale col quale, a nostro avviso, è stato trattato, è il problema dei bambini su misura. Poniamo che esista la possibilità di controllare alcune caratteristiche fisiche o biologiche dei nostri figli futuri. Poniamo che la scienza abbia superato ogni difficoltà senza scontrarsi con i dilemmi etici, e abbia perfezionato così la tecnica della clonazione. Facciamo l’ipotesi che una coppia non possa avere figli a causa di un rischio congenito o a causa di una terapia anti – tumorale, o della sterilità del marito o della moglie: mettiamo il caso che si rivolgano al medico per utilizzare la clonazione come tecnica di riproduzione, l’unica in grado di dare un figlio alla coppia senza far uso di gameti eterologhi.
In breve, il medico sostituisce il nucleo dell’ovulo della donna con il nucleo di una cellula somatica di uno dei genitori, reinserendo successivamente la cellula, ora composta di un numero di cromosomi pari a quello di un ovulo fecondato, nel suo utero. Per rendere l’uomo partecipe, il medico prenderà da lui la cellula somatica da cui trarre il nucleo sostitutivo. Il maschio diviene il clonatore o, come viene detto erroneamente, diviene clonato. L’ovulo ricostituito si sviluppa in un embrione. Se proveniente da una coppia geneticamente a rischio, in cui sia padre che madre sono portatori sani di una grave malattia genetica, il bambino che nascerà, essendo la copia genetica del padre, sarà anch’egli portatore sano, esattamente come il padre.
Reputiamo moralmente problematica l’esistenza di persone più o meno identiche? Se si, dovremmo pensare ad una proposta di legge che imponga la soppressione di ogni gravidanza pluriembrionale proveniente dalla scissione dello zigote in due (e raramente in tre) zigoti perfettamente identici, e una taglia sui gemelli omozigoti latitanti? Che cosa intendiamo per persone identiche? E’ forse l’identità genetica da difendere tramite le leggi? E’ davvero un affronto ai diritti fondamentali della persona l’esistenza della propria copia genetica?

"E l'uomo creò il clone" di Aaron Fait et al.

15 aprile 2006

Notizia Oggi, 13 aprile 2006

A quasi due settimane di distanza dalla trasferta in Nepal, il ricordo di questa meravigliosa esperienza è ancora fervido e vivido. Anzi, personalmente, posso giudicarlo indelebile; è impossibile descrivere e tradurre in parole il calore e l’accoglienza che il Gruppo Folkloristico locale e il popolo nepalese ci hanno riservato, così come è particolarmente difficile riportare le sensazioni di questa grande esperienza umana.
Nonostante gli avvenimenti politici che, in questi giorni, la cronaca ci sottopone, il Nepal si presenta come un Paese splendido, il cui paesaggio, ma soprattuto il cui popolo, ha superato di gran lunga le nostre aspettative. Mi ha travolto uno stile di vita differente, molto più colorato e allegro del nostro, ma soprattutto, mi ha colpito l’allegria, gli occhi e il sorriso dei bambini che, numerosi, ci “scortavano” durante le sfilate e manifestazioni, occhi e sorrisi capaci di andare ben oltre la povertà e la miseria, e in grado di trasmettere gioia e affetto, e accontentarsi di una semplice caramella. Già, perché il Nepal è un Paese povero, ma non desolato, perché la dignità con cui le persone affrontano questa situazione è davvero sorprendente; posso infatti dire di aver constatato che nelle condizioni di vita più semplici e umili si nasconde il più grande rispetto per l’ospite. L’accoglienza è stata inequiparabile, e l’attenzione nei confronti delle nostre esigenze formidabile: eravamo davvero al centro dei loro pensieri! Non possiamo certo dire che i ragazzi dell’organizzazione non si siano impegnati nel preparare questo grande evento, tanto che non solo hanno predisposto gli spazi e le strutture per le esibizioni, ma anche hanno trascorso con noi tutto il loro tempo libero per farci vivere delle giornate indimenticabili, assecondandoci come potevano in ogni nostra richiesta. E’ bellissimo scoprire come in condizioni difficili si stringano rapporti intensi, superando le barriere della lingua, della religione e della cultura, ma soprattutto è piacevole sentire parlare dei ragazzi (perché le nostre guide ed organizzatori erano tutti ragazzi giovani) con entusiasmo del loro Paese, con una preparazione in merito a tradizioni e storia molto superiore alla nostra, segno tangibile che dietro a tutto ciò c’è una vera passione per le proprie radici. Ma ciò che mi ha colpito di più sono stati i bambini. Erano tantissimi, solari, simpatici, e con molta voglia di comunicare e stringere amicizia, e i pochi fortunati con la possibilità di andare a scuola, di mettere alla prova il loro inglese e le loro conoscenze. Di questi bambini abbiamo portato a casa numerose foto, non solo perché erano davvero caratteristici nei loro abiti, ma anche perché chiedevano una fotografia solo per poter sorridere e poi vedersi nel display della fotocamera digitale.
L’emozione più grande mi ha sorpreso dopo l’ultimo spettacolo, dove siamo stati letteralmente travolti dalla folla che voleva manifestarci la sua stima, calore, apprezzamento, gratitudine e voglia di fare festa.
Questo è stato il mio primo bagno di folla e spero che a questa esperienza forte, che mi ha caricato di voglia di vivere e gioia, ne seguano molte altre, perché il mondo del folklore apre davvero tantissime porte e abbatte numerose futili barriere.

Una folklorina,
Marta Tadi

09 aprile 2006

Sono una copiona!

http://rifleman.altervista.org/friendtest/test.php?usr=Martella

E' un po' banale....tipo quello che gira/girava per mail...

08 aprile 2006

A.A.A.Cercasi

Se qualcuno di voi vede annunci di affitto per appartamenti a Milano zona Città Studi (Lambrate - Loreto - Piola - Udine), possibilmente bilocali di 70 mq circa da spendere al massimo 1000 euro spese incluse, mi avvisi per favore!!!!!

02 aprile 2006

I need Pietro

I need Pietro per moltissimi motivi. In questo momento, necessito di Peter perchè ho fatto il restyling del blog, ma non so mettere più i link agli altri vostri blog!!!!!Peter aiutami!!!!!
Sono tornata dal Nepal e avevo voglia di cambiare...